Premessa: sono arrivati da ogni parte del mondo.
Prima di parlare del concerto in sé, c’è un dato che più di tutti rende l’idea della portata dell’evento: in quel fine settimana a Tilburg sono arrivate 12000 persone rappresentanti 64 differenti nazioni, con ogni continente che era rappresentato da almeno 2 diverse nazioni. Come potete vedere dall’immagine della mappa, sono arrivati fan persino dall’Australia e dalla Nuova Zelanda.

Introduzione: le notizie diffuse, e l’ingresso nel teatro.
Le notizie che erano state date fino a quel momento, erano:
- Ci sarebbero state quattro sostituzioni rispetto
alle voci originali:
- La voce narrante sarebbe stata affidata a John de Lancie, al posto di Peter Daltrey
- Il ruolo della pellerossa sarebbe stato affidato a Simone Simons, al posto di Sharon den Adel
- Il ruolo del barbaro sarebbe stato affidato a John Jaycee Cuijpers, al posto di Jay van Feggelen
- Nel duo di cantati che interpretavano il personaggio della morte, Mark Jansen avrebbe preso il posto di Robert Westerholt
- John de Lancie aveva lavorato sulle parti dei monologhi, dando loro una sua personale impronta
La formazione dei cantanti, per questi quattro concerti, sarebbe quindi stata quella di questa foto.

Entrati nella sala del concerto, si percepisce sin da subito un’atmosfera magica, del tipo che è presente quando sta per succedere qualcosa di veramente speciale, e le persone presenti se ne rendono immediatamente conto.
Il primo boato del pubblico si palesa già prima dell’innalzamento del sipario quando si ode in sala la voce di Mike Mills esordire con “I’m TH-1…” salvo cessare dopo pochi secondi quando la stessa specifica che quello è un messaggio preregistrato e che quindi non c’è bisogno di applaudire, e poi continuare avvisando che lo show sarebbe stato filmato e registrato professionalmente e quindi non sarebbe stato necessario usare gli strumenti rettangolari “you don’t need to use your rectangular devices…” provocando comunque la giusta dose di ilarità tra i presenti.
Si alza il sipario, e inizia lo show.
L’applauso e il boato del pubblico riprendono subito, però, quando il palco si rivela nella scenografia che è stata studiata per l’occasione: la facciata di un castello con due torri ai lati. Alla base delle due torri, ci sono gli spazi in cui sono incastrati da un lato gli organi e le tastiere, dall’altro la batteria. In questo momento il tastierista (Joost van den Broek) ed il batterista (Ed Warby) sono già sul palco, che non abbandoneranno mai. Sulla torre di destra (per il pubblico che guarda) John de Lancie è pronto a recitare i monologhi introduttivi alle singole canzoni, mentre sul cammino di ronda Marcela Bovio, Dianne van Giersbergen e Jan Willem Ketelaers compongono il coro che supporterà i cantanti solisti nell’evolversi del concerto, mentre la torre di sinistra resta momentaneamente vuota.
Al di sopra del castello, ed all’interno del suo portone, ci sono due teloni schermo, su cui sono proiettate immagini che ci trasportano nella dimensione del castello elettrico, di cui ci stanno per narrare la storia, e che continueranno a variare nel corso dello spettacolo, per continuare ad essere in tema coi monologhi e con ciò che le varie canzoni ci raccontano nel momento.
Quando John de Lancie comincia a recitare il primo monologo il lavoro che ha fatto sui testi si mostra in modo assolutamente evidente: quelli che erano dei testi in prosa, sono stati trasformati in poesie, sia dal punto di viste delle rime, che dal punto di vista metrico, mantenendo comunque invariato il senso del contenuto dei monologhi, che continuano ad incastrarsi in modo perfetto con le canzoni che si trovano ad introdurre.
Quando partono le musiche, i vari musicisti si alternano sul palco entrando dai lati del palco stesso, mentre la prima entrata di ciascun cantante legato ad un personaggio avviene dal portone del castello, mentre le uscite dei musicisti e dei cantanti e i loro rientri avvengono sempre dai lati del palco, lasciando quindi sul palco solo le persone effettivamente coinvolte per ogni singola canzone.
L’esecuzione di Into the Electric Castle.
L’impatto della musica è veramente devastante, con i toni epici e solenni, che si alternano a quelli più aggressivi ed a quelli più delicati e soffusi. Quando poi sul palco entra Fish, l’emozione del pubblico si fa palpabile, nel vedere quella che è diventata una vera e propria leggenda del rock di nuovo sul palco, dopo che si era ritirato dall’attività di cantante nel 2016, alla fine del tour che celebrava il trentennale di “Misplaced Childhood”, e che ha saputo interpretare il personaggio “Highlander” in maniera assolutamente sopraffina. Le canzoni ed i monologhi si susseguono e si alternano, con John de Lancie che rende alla perfezione il personaggio della divinità folle che ha catturato questi otto esseri umani per guidarli in questo gioco al massacro, con i musicisti che eseguono le loro partiture con una perfezione totale, associata però ad una passione e ad un coinvolgimento altrettanto assoluto, e con i cantanti che oltre al canto di per sé, aggiungono anche un tocco di recitazione vera e propria quando devono interpretare canzoni in cui il testo ha dei veri botta e risposta tra due o più personaggi della storia. Tra l’altro, in momenti dove i cantanti coinvolti erano più di due, ecco che la torre di sinistra si popolava con almeno uno dei cantanti protagonisti del pezzo.
Inoltre, ad arricchire quello che era già un piatto estremamente ricco dal punto di vista musicale, arriva anche un numero con un pianista (Robby Valentine) che, poco prima della canzone “Into the Mirror Maze”, si esibisce in una parte di musica classica, alla fine della quale lo stesso Arjen gli si avvicina e si genuflette letteralmente ai suoi piedi in segno di preghiera ad esaltarne la performance.
Dal punto di vista emotivo, la parte dedicata ad “Into the Electric Castle” è già stata abbastanza da rendere questo concerto come uno dei 5 migliori concerti che abbia mai visto (sia dal vivo che non) sia per l’interpretazione degli artisti, che per la massiva partecipazione del pubblico dall’inizio alla fine dello show, ma ci sono comunque una serie di punti che voglio citare, perché in quei particolari momenti l’intensità emotiva raggiunta sia dagli artisti che dal pubblico è cresciuta a livelli ancora più alti:
- Il primo monologo di John de Lancie, in cui lui riesce fin da subito a calarsi nella parte.
- La prima parte in cui si introducono di volta in
volta tutti i personaggi con:
- “Isis and Osiris”, con l’Highlander, l’Egiziana, l’Antico Romano e il Cavaliere della tavola rotonda ad intrecciare le prime emozioni di paura e sgomento di fronte ad una realtà sconosciuta
- “Amazing Flight” con lo sguardo ed il tono di voce dell’Hippie, a rendere ancora più marcato il confronto con il personaggio del Barbaro, mentre il finale del pezzo va ai canti della Pellerossa
- “Time Beyond Time”, con l’Uomo del Futuro che entra in scena con la sua voce completando I personaggi principali.
- “Across the Rainbow Bridge” pezzo che conclude la prima parte del racconto, in cui si narrava del viaggio verso il castello elettrico, e che arriva dopo l’uscita di scena dell’Highlander, in cui tutto il pubblico ha cantato all’unisono il ritornello della canzone
- “Valley of the Queens”, dove l’Egiziana interpreta il proprio canto di morte con una delicatezza ed un’intensità uniche, sottolineate dal silenzio della folla, che lascia che l’emozione pervada l’atmosfera. Avevo già avuto modo di sentire Anneke interpretare questo pezzo dal vivo, quando era venuta in Italia con Arjen per il tour a seguito dell’album dei Gentle Storm, in cui era stato riproposto in chiave acustica, ma nella sua versione originale rende infinitamente meglio
- “The Castle Hall”, uno dei due momenti più cupi di tutto l’album, dove i fantasmi delle persone uccise tornano a tormentare i loro assassini, con il Barbaro ed il Cavaliere della tavola rotonda in un duetto da brividi, con il pubblico di nuovo completamente partecipe
- “Cosmic Fusion”, l’altro momento più cupo dell’album, con i due cantanti che interpretano il personaggio della morte, a sfidarsi a colpi di growl rabbiosi, che si integrano comunque al meglio con l’atmosfera della musica, anche se non è della pesantezza e della velocità tipica del metal estremo
- “The Two Gates”, il momento in cui i personaggi devono scegliere quale dei due cancelli aprire, sapendo che solo uno avrebbe riportato ciascuno dei sopravvissuti a casa propria, mentre l’altro avrebbe decretato la morte di chi lo avrebbe attraversato.
- “Another Time, Another Space”, ovvero il pezzo finale della storia in cui, nell’album, i personaggi sopravvissuti commentavano il ricordo (o meglio la mancanza di un ricordo chiaro) sull’avventura che avevano vissuto, mentre dal vivo, è l’occasione per vedere sul palco tutti i personaggi e gli strumentisti coinvolti, in un esibizione che aggiunge, oltre alle parti originali, una dimensione più corale e suggestiva e che si chiude con John de Lancie a declamare “Remember” e tutto il pubblico a rispondere all’unisono in un vero e proprio boato “Forever”.
L’inizio della fine: la presentazione e l’esecuzione delle “Altre Storie”.
Finita la parte di “Into the Electric Castle” ecco che, sullo tendone schermo che sovrasta il castello, appare l’immagine registrata in video di Mike Mills che, sempre interpretando il personaggio di TH-1 (ovvero il super computer che avrebbe decretato la fine della vita sul pianeta di origine dei Forever) ci avvisa che, anche se la storia del castello elettrico è terminata, ci sono ancora dei racconti che devono essere narrati prima del termine dello show, e ci invita a restare.
Al momento non avevo idea di cosa ci avrebbe riservato il resto dello spettacolo e grande è stata la sorpresa nel vedere Anneke van Giersbergen, salire sul palco per un’esibizione solista di uno dei pezzi del progetto Gentle Storm, creato da lei ed Arjen, e che avevano già portato dal vivo in Europa in un tour acustico. Anche in questo caso, come per “Valley of the Queens” la resa del pezzo fatta con tutto il gruppo coinvolto è stata infinitamente migliore.
Il secondo pezzo, vede Simone Simons interpretare un pezzo del progetto Ambeon, e chiarisce quindi l’idea che c’è alla base delle “Other Stories”, ovvero: far interpretare canzoni dei progetti paralleli che Arjen Lucassen ha affiancato ad Ayreon nel corso degli anni.
Il prosieguo della scaletta vede:
un pezzo dei Guilt Machine, interpretato da Damian Wilson
un pezzo degli Stream of Passion, con Marcela Bovio
Un bell’intermezzo, che vuole essere un omaggio alla carriera di Fish, con lui stesso ad interpretare quella “Kayleigh” che è il brano più famoso da lui scritto ed interpretato.
Un pezzo dal progetto solista di Arjen Lucassen “Lost in the New Real” dove la proiezione del monologo introduttivo al pezzo fatto da Rutger Hauer, è un bellissimo omaggio alla memoria dell’attore scomparso da poco.
La chiusura con un pezzo degli Star One in cui, di nuovo, nel finale ritornano tutti i cantanti in scena in un’ulteriore esibizione corale da brivido assoluto, col pubblico che canta i ritornelli all’unisono.
La cosa più bella di tutte, in questo frangente, è stato notare come anche le musiche create da Arjen per i suoi progetti paralleli, dal vivo abbiano funzionato veramente alla grande, con musicisti e cantanti che hanno dato il massimo di loro stessi in una performance ai limiti della perfezione.
In conclusione:
All’inizio dello show, c’era l’atmosfera magica che ti faceva presagire qualcosa di veramente speciale; alla fine dello show c’è stata la consapevolezza di aver fatto parte di un evento che entra di diritto nella storia della musica.
Grazie Arjen, per aver creato la musica, grazie a tutti i cantanti ed a tutti i musicisti, che hanno saputo renderla così meravigliosamente e grazie di cuore anche a tutti coloro che hanno contribuito ad organizzare ed a rendere possibile un evento di questo genere.
P.S. E con questo, posso dire che ho avuto la fortuna di assistere ai concerti dal vivo dedicati ai miei 3 album preferiti di tutti i tempi, di cui il 1° (Beethoven’s Last Night) ed il 3° (Into the Electric Castle) sono stati eseguiti integralmente. Sì, mi ritengo un musicomane decisamente fortunato.
P.P.S. l’immagine di copertina di questo post è il quadro “The Concert” creato da Jef Bertels, artista che ha lavorato a quasi tutte le copertine del progetto Ayreon, mentre le due immagini interne al post, sono state pubblicate sulla pagina facebook ufficiale di Ayreon e sulla pagina ufficiale dell’evento sul sito ufficiale di Arjen Lucassen, che ringrazio sentitamente entrambi per avermi dato il permesso di pubblicarle a mia volta su questo blog.
Categorie:Musica, Vibrazioni sonore
1 risposta »