Premessa: la formazione coinvolta ed il CD della gloria.
È il 24 ottobre 2022, io sono ancora raggiante per l’annuncio dell’evento “Live Beneath the Waves” e sto sperando di riuscire ad aggiudicarmi i biglietti al momento della prevendita che sarebbe iniziata in meno di 72 ore quando, sempre alle 15.02, mi arriva la mail con la presentazione della formazione per il concerto.
La lista comprendeva: 16 cantanti solisti, 3 coristi ed 8 musicisti. Dei 16 cantanti solisti, ben 12 erano i cantanti originali presenti sul disco. In particolare:
- Per i personaggi dei “Forever” erano presenti:
- Tom Englund [il fulmine]
- Daniel Gildenlöw [®]
- Hansi Kursch [la croce celtica]
- Jonas Renske [il pentacolo]
- Anneke Van Giersbergen [♡]
- Maggy Luyten [la luna calante]
- Per i personaggi umani erano presenti:
- Simone Simons
- Wudstik
- Marjan Welman
- Liselotte Hegt
- Phideaux Xavier
- Arjen Lucassen
All’appello del cast originale mancavano:
- Per i Forever
- Steve Lee [il tao] (R.I.P.)
- Jorn Lande [l’aquila in volo]
- Bob Catley [il fiocco di neve]
- Floor Jansen [Ω]
- Per gli umani il solo Ty Tabor
Gli ospiti chiamati al loro posto sono stati: Damian Wilson, Brittney Slayes, Michael Mills e John Jaycee Cuijpers.
Al coro sarebbero stati presenti: Marcela Bovio, Irene Jansen e Jan Willem Ketelaers
Il gruppo dei musicisti, invece, sarebbe stato formato da:
- Joost van den Broek alle tastiere
- Ed Warby alla batteria
- Marcel Coenen e Timo Somers alle chitarre
- Johan van Stratum al basso
- Jeroen Goossens al flauto
- Ben Mathot al violino
- Jurriaan Westerveld al violoncello
Nel vedere tutto quello già avevo l’acquolina in bocca al pensiero di cosa avrebbero potuto fare sul palco assieme ed ero anche molto curioso di sapere in che modo sarebbero stati distribuite le parti non coperte dai cantanti originali ai cantanti ospiti. Ero talmente preso che mi sono accorto solo adesso che i cantanti solisti per il concerto erano 16 (contro i 17 coinvolti nel disco) quindi una parte non aveva un’assegnazione predefinita.
Dopo essere riuscito ad accaparrarmi i biglietti, mi sono messo a seguire le notizie riguardo al concerto che apparivano di quando in quando sulla pagina facebook del progetto Ayreon. Ed una di quelle notizie riguardava un premio ricevuto proprio da Arjen: la sala concerti (lo 013 Poppodium di Tilburg) ha messo su uno dei suoi muri esterni un CD autografato da Arjen stesso per avere fatto il tutto esaurito in 3 eventi consecutivi ovvero
- 3 spettacoli per l’evento Ayreon Universe dal 15 al 17 settembre 2017
- 4 spettacoli per l’evento Electric Castle Live and Other Tales dal 13 al 15 settembre 2019
- 5 spettacoli per l’evento Live Beneath the Waves dal 15 al 17 settembre 2023


solito blocco bianco per correggere lo spazio
Dal 1998, anno in cui la sala concerti ha aperto, gli Ayreon sono stati i secondi a riuscirci.
Tutto questo non ha fatto altro che aumentare le mie aspettative e la mia voglia di assistere al concerto.
L’evento Live Beneath the Waves
In coda al Poppodium
Come detto nel finale del post precedente, per evitare un’ulteriore scarpinata, sono rimasto nell’area della sala concerti, aspettando che la coda defluisse per mettermi poi alla fine quando fosse arrivata vicino all’entrata.
Nei minuti successivi, vicino alla sala, si sono visti (in momenti diversi) sia Damian Wilson che Maggy Luyten muoversi lungo la coda a dare i cinque al pubblico che stava piano piano entrando, con Maggy che correva avanti e indietro lungo la coda di persone anche facendo vocalizzi perché, come da lei detto, quello era “il suo riscaldamento prima del concerto” (mi sono perso l’occasione di vedere cosa avrebbe risposto se avessi intonato la prima frase di “Ride the Comet”, una delle canzoni in cui lei ha un parte importante, “Find your way home little extremophiles” ma tant’è).
Di fatto la coda si esaurisce già dopo poco più di quaranta minuti dall’apertura delle porte senza che nessuno provasse o a spingere o a passare davanti e, quando entro, dalle casse presenti all’ingresso della sala cosa sentono uscire le mie orecchie? Niente meno che CHANCE dei Savatage, una delle canzoni più belle del mio gruppo preferito in assoluto per cui non sono ancora neanche all’interno della sala in cui si terrà il concerto, che sto già cantando e mi sto anche esaltando parecchio.
L’ingresso in sala e l’attesa dell’inizio
Su suggerimento di Marco, entro in sala da un’entrata laterale della platea e, con la sala ormai stracolma, mi ritrovo sul lato destro del palco (guardando il palco dalla mia prospettiva), subito dopo il bancone di uno dei bar e sono a circa 10 metri dal palco, per cui sono in una posizione dove so già che potrò vedere molto bene lo show che inizierà da lì a circa tre quarti d’ora e, mentre mi guardo intorno, faccio gli unici due video con il cellulare che ho fatto in questi 3 giorni: il primo per far vedere il sipario che copriva il palco; il secondo per far vedere il pubblico degli Ayreonauti che aveva riempito la sala, sia in platea che in galleria.
E, mentre un po’ guardavo il sipario su cui veniva proiettata l’immagine degli 0 e degli 1 che apparivano e scomparivano sotto la superficie dell’acqua (e quale migliore immagine potrebbe esserci per descrivere un concerto intitolato “Dal vivo sotto le onde” e che vedrà la riproposizione di un album intitolato “01011001”?) ed un po’ parlavo con chi mi stava di fianco, mi venivano in mente tre parole che erano, tra l’altro, una citazione da una parte della canzone con cui il concerto si sarebbe aperto: “Longing… Hoping… Waiting…”; perché DESIDERAVO che il concerto iniziasse; perché SPERAVO di assistere ad un grande spettacolo; perché STAVO ASPETTANDO che il sipario si alzasse per far cominciare il tutto. Parole che mi giravano in testa, dandomi già i brividi pensando al momento in cui sarebbero state recitate dai cantanti in questione, e che canticchiavo perché esprimevano al meglio quello che stavo provando in quel preciso momento.
Si alza il sipario…
Il primo momento di stupore lo vivo proprio quando si alza il sipario e si rivela il palco con questa impalcatura metallica al centro che ha basi di appoggio su due piani diversi e con una serie di schermi di varie dimensioni alle spalle della struttura, sotto il piano basso della struttura ed ai lati del palco che, fino all’inizio vero e proprio del concerto, mostrano le immagini con cui l’evento è stato promosso e su cui viene poi proiettata la parte visuale dello spettacolo che cambia ad ogni canzone, in modo tale che le immagini visualizzino quello che è il cuore della canzone che sta venendo eseguita. Tra l’altro l’impalcatura metallica mi ricorda molto la forma del castello che aveva fatto da scenografia per “Electric Castle Live and Other Tales” nel 2019, come se avessero tolto la parte che lo faceva apparire come un castello

Sono passati pochi secondi che le luci si abbassano ed i musicisti entrano in scena uno ad uno, portandosi verso il centro del palco e mettendosi uno di fianco all’altro, fino a quando non fanno un’unica linea guardando verso il pubblico.

Mentre noto che tutti quanti hanno indosso uno spolverino nero, si girano di colpo tutti assieme rivelando la seconda sorpresa di giornata: sul retro delle loro tuniche erano stati stampati degli 0 degli 1 e, grazie all’ordine in cui sono entrati, dando al pubblico le spalle, hanno mostrato il titolo dell’album che stavano per iniziare a suonare.

Risultato: applausi a scena aperta senza aver ancora suonato nemmeno una nota!
…e inizia il concerto…
Sugli schermi appaiono immagini di pistoni ed ingranaggi di macchine in movimento, dal bordo del palco si sprigionano dei fuochi e parte il riff di “Age of Shadows” che da il via alle danze ed io sono già completamente immerso nel concerto, mentre tengo il tempo, mi esalto e lascio che ogni singola nota suonata ed ogni ritmo tenuto mi vibri attraverso. Il suono arriva letteralmente da tutte le parti ed il pubblico è già esaltato quasi quanto me.
Il primo cantante ad apparire in scena, come da copione, è Tom Englund che, appena entra, scatena nel pubblico una vera e propria ovazione. La stessa ovazione che si ripeterà ogni qual volta un cantante farà il suo ingresso sul palco entrando da sotto la parte centrale dell’impalcatura mettalica.
Fin dai primi momenti del concerto, il pubblico è totalmente coinvolto e sprigiona un’energia pazzesca, tra battiti di mani, canzoni cantate assieme ai cantanti sul palco, incitamenti a cantanti e musicisti con i classici “ehi, ehi, ehi…” che rendono l’atmosfera magica e sublime. Ogni persona in quel luogo sta letteralmente vibrando all’unisono.
Mentre la canzone prosegue le prime due cose che diventano chiare sono: la parte in origine di Steve Lee è stata affidata a Mike Mills mentre la parte di Floor Jansen è stata assegnata a Brittney Slayes.
Inoltre viene eseguito, per la prima volta, il break centrale della canzone ovvero quella “We Are Forever” che invece era stata tagliata nell’esecuzione di “Age of Shadows” fatta per il live “Ayreon Universe” del 2017. Break estremamente intimo ed emozionale in cui una parte del testo è scritta in codice binario (01101000 01100101 01101100 01110000 che significa “help”) eseguita in un canone da brivido assoluto.
In quel momento non me ne rendo conto perché sono troppo preso a vivere a modo mio quello che sto sentendo ma, parlando dopo con Marco, mi rendo conto di un altro dettaglio fondamentale: diversi strumentisti hanno suonato la loro parte senza poter vedere gli altri musicisti. In particolare (sempre guardando dalla mia prospettiva):
- il tastierista si trovava nell’angolo in alto a sinistra
- il coro si trovava nell’angolo in alto a destra
- in alto al centro si trovava una coppia di tamburi
- il batterista si trovava nell’angolo in basso a destra
- in basso a sinistra si trovava una zona vuota, dove si alternavano musicisti che imbracciavano i loro strumenti, come il bassista, il violinista, il violoncellista ed il flautista
E chi si trovava sulla struttura metallica, poteva vedere quello che stava facendo SOLO chi stava sul suo stesso piano dell’impalcatura.
Cosa che, come mi fatto giustamente notare Marco quando ne abbiamo parlato al mattino successivo, rende il livello di difficoltà di esecuzione ancora maggiore rispetto al livello di difficoltà già alto della musica da eseguire e, quindi, ancora più stupefacente il risultato che loro sono riusciti ad ottenere sul palco.
E, come ciliegina sulla torta, stavano eseguendo il 5° concerto in poco più di 48 ore.
…01011001
I tamburi al centro della parte alta dell’impalcatura metallica vengono suonati da Mike Mills in apertura di “Comatose”, seconda canzone dell’album, dopodiché quello spazio sarà occupato da cantanti solisti che andranno a supportare il coro in alcune delle altre canzoni eseguite.
Il concerto va avanti, con i cantanti che, come nello stile impostato da Arjen negli eventi precedenti, non solo cantano, ma interagiscono fra loro recitando la parte che il loro personaggio richiede rendendo il tutto ancora più coinvolgente e l’insieme dei musicisti dei cantanti e del coro riesce a rendere alla perfezione sia l’intensità epica che l’atmosfera tragica che la storia narrata in questo album richiede. Nel proseguimento del concerto, si capisce che la parte di Ty Tabor (ovvero la canzone “Connect the Dots”) viene presa dallo stesso Arjen.
La grinta pazzesca di Maggy Luyten, di Brittney Slayes e di John Jaycee Cuijpers; la dolcezza di Anneke Van Giersbergen; il recitato intimo e dolente di Jonas Renske, che si trasforma in rabbia feroce nell’ultima canzone dell’album; il rimorso di Tom Englund e di Daniel Gildenlöw che, mentre per il primo dei due, si mantiene fino alla fine, per il secondo si trasforma in voglia di reagire; la stessa voglia di reagire e di non arrendersi di Michael Mills e di Damian Wilson; la rabbia di Hansi Kursch; l’angoscia data dalla consapevolezza di Arjen Lucassen, che si rende conto che siamo solo un esperimento di una razza aliena, contrapposta all’angoscia di Liselotte Hegt che ignora questa realtà nel modo più assoluto, vede Arjen stare male e non capisce perché le cure non funzionino; la solitudine di Simone Simons e di Phideaux Xavier, unico cantante a non salire MAI sul palco, perché viene proiettato sui megaschermi, per riprodurre la conversazione virtuale tra lui e Simone nella parte di due anime solitarie che cercano conforto ciascuno nell’altra senza mai essersi visti; la consapevolezza di Wudstik e di Marjan Welman di essere l’utlima speranza per l’umanità di evitare l’estinzione del genere umano.
Vengo letteralmente travolto da tutte queste emozioni a mano a mano che il concerto prosegue; più passano le canzoni, più non sto nella pelle e canto praticamente tutte le parti che conosco, interrompendomi solo quando qualcuno deve passare per andare al bar, o per tornare dal bar al suo posto (maledizione alla fisica! cosa le è venuto in mente di inventarsi la legge di non penetrabilità dei solidi?!?!?!)
Come ulteriore tocco di classe, nel finale di “Unnatural Selection”, Marcela Bovio e Irene Jansen scendono dalla postazione del coro per andare al centro del palco per eseguire un duetto su alcune delle parti originariamente assegnate a Jorn Lande ed a Bob Catley (e qui si capisce anche che le parti di Bob Catley e di Jorn Lande sono state affidate ciascuna a più cantanti, a seconda del momento dell’album in cui ci si trovava).
L’interazione tra musicisti cantanti e pubblico è costante e, ogni volta che il pubblico viene incitato, risponde all’unisono; la magia fluisce da ogni parte ed in continuazione, la storia si dipana fino al suo tragico finale dove tutti i cantanti ed i coristi vengono al centro del palco a cantare il coro di “Complete the Circle”, ultima parte di quella “The Sixth Extinction” che chiude l’album, assieme al pubblico a rendere ancora più epico il finale della prima parte del concerto.
Il discorso di Arjen ed alcune considerazioni
Parlando di Arjen come persona, sono due le cose che più mi hanno colpito: la sincerità quasi disarmante con cui condivide anche le sue debolezze e le sue paure; il suo condividere i meriti con chiunque abbia lavorato ad un suo progetto dando, tra l’altro, più peso al lavoro degli altri che non al suo; ed anche nel discorso fatto in quest’occasione non si è smentito.
Ha ricordato al pubblico che, quando aveva scritto e registrato 01011001, lui sapeva che non avrebbe mai più voluto esibirsi dal vivo e, proprio per questo, lo aveva immaginato il più complesso possibile per coinvolgere più cantanti possibili proprio perché sapeva che “non avrebbe MAI dovuto riproporlo dal vivo”. [n.d.a. ahem®]; ha ringraziato cantanti, musicisti, tecnici, produttori ed anche il pubblico perché “è grazie a tutti voi se questa cosa è stata possibile”; ha anche raccontato al pubblico che, dopo lo show della domenica mattina, avevano fatto una foto facendo salire sul palco tutte le persone coinvolte nella realizzazione dell’album e che avevano del tutto riempito il palco.

Inoltre c’è stato un momento di discreta crudeltà mentale che ha scatenato le risate del pubblico quando, dopo gli applausi per la sua compagna e manager Lori Linstruth, Arjen ha parlato di suo fratello (dicendo che era lì presente).
Mentre stava partendo l’applauso del pubblico, però, Arjen fa: “no, no, fermi! Non voglio che lo applaudiate, fischiatelo!” Dopodiché Arjen racconta di quando, durante la sua infanzia, lui si fosse sentito come se fosse sempre vissuto all’ombra del fratello che era considerato quello più forte, più bravo etc…
E, come chicca finale, ha anche raccontato di quando, mentre stava creando l’album “The Human Equation”, si era reso conto di come, per essere sincero, avrebbe dovuto anche mettere suo fratello nei ringraziamenti e , quindi, si è messo a studiare a tavolino con l’editor il modo per dire sì che ringraziava suo fratello, ma per non fare comparire il suo nome. Quindi ha messo il ringraziamento al fratello sulla riga finale, inserendo una frase abbastanza lunga per far sì che il nome del fratello venisse tagliato dalla pagina al che tutto il pubblico è scoppiato a ridere.

Diciamo che ci ho pensato solo adesso, mentre scrivevo di questa cosa, ovvero che per il fratello di Arjen non deve essere stata una bella esperienza quella di essere fischiato e sbeffeggiato per 5 volte in 3 giorni da gruppi di 3000 persone per volta, ma si sa come possono essere le famiglie… Detto questo, trovo questa vendetta da parte del “fratello sfigato” sul “fratello perfetto” decisamente gustosa.
In coda al discorso di Arjen, volevo anche fare alcune considerazioni su ciò che più mi ha colpito dell’esecuzione di 01011001
- la capacità dei cantanti di interagire tra loro anche sul livello dei personaggi che stavano interpretando
- conoscete altri gruppi che riescano a far cantare al pubblico canzoni che parlano di “fredda inerzia”, di “batteri estremofili” e di “svelare l’equazione E=mc2“?
- il modo in cui il duetto tra Mr. L (Arjen Lucassen) e Liselotte Hegt in “The Truth is in Here” ha saputo commuovermi
- l’assolo dei due chitarristi, che ha prolungato uno dei miei pezzi preferiti dell’album, quella “Ride the Comet” dove Maggy Luyten è stata una vera e propria mattatrice.
- Phideaux Xavier che canta la sua parte proiettato sui megaschermi, a simbolo della distanza creata dalla conversazione virtuale
- la percezione avuta di come tutti i cantanti ed i musicisti sul palco si stessero divertendo come matti, non solo a suonare ed a cantare le loro parti, ma proprio per il fatto di starle eseguendo ASSIEME.
- l’intensità emotiva espressa dai cantanti nell’interpretare i personaggi
- la risposta emozionale del pubblico che non mollava mai un colpo e per cui lo stesso Arjen, nel suo discorso, ha voluto dire al pubblico che “forse voi conoscete le parole dell’album meglio di noi per cui perdonateci se, in qualche momento, lo abbiamo mandato a p… ops, abbiamo fatto qualche errore”
- il sentir cantare (ed esprimere emozioni) anche attraverso il sistema binario
- ascoltare dal vivo la frase “il significato della vita è dare alla vita un significato”
I primi due bis e…
Quando Arjen finisce di introdurre la seconda parte del concerto, si parte con “This Human Equation”, una canzone tratta da “Transitus” in cui, per via del modo in cui il testo è scritto e cantato, Simone Simons esprime la sua bravura, sia a livello melodico che a livello ritmico. Il secondo pezzo, invece, è “Fate of Man”, tratta dall’ultimo album degli Star One (“Revel in Time”) in cui l’assoluta protagonista diventa Brittney Slayes che giganteggia con gli acuti che riesce a raggiungere.
In tutto questo l’esaltazione del pubblico è sempre altissima, ma l’apice deve ancora essere toccato con il terzo bis che diventa…
…il finale del concerto (ed un piccolo passo indietro nel tempo).
Un videoclip molto fuori dal comune
È il 26 gennaio 2017 quando, sulla piattaforma di Youtube, viene caricato il video della canzone scelta da Arjen per promuovere il nuovo album, quel “The Source” che sarebbe uscito da lì a 3 mesi segnando il ritorno nei suoi dischi della razza dei “Forever”.
Il video era stato concepito in modo da avere una serie di immagini futuristiche sullo sfondo in cui si inserivano o la foto con nome del cantante coinvolto in quella parte o spezzoni di video che facevano vedere cantanti e musicisti coinvolti mentre eseguivano le loro parti. La cosa più intrigante di tutte, però, era che Arjen aveva deciso di far scorrere nella parte bassa dello schermo alcuni suoi commenti alla canzone con cui, di fatto, accompagnava gli ascoltatori attraverso lo svolgersi del video.
I commenti parlavano sia della storia, sia dei musicisti che dei cantanti coinvolti, sia della strumentazione usata, che di altri eventi “dietro le scene” capitati durante la registrazione del pezzo scelto per fare da apripista all’album.
Tutto questo, a mio parere, creava un ulteriore livello di coinvolgimento da parte degli ascoltatori che, per la prima volta, potevano ascoltare una canzone avendo un collegamento quasi diretto anche coi pensieri stessi di chi, quella canzone, l’aveva creata.
Il momento in cui vedo quel video, lo trovo un vero capolavoro, anche perché ha di fatto impostato un nuovo standard per la creazione di video musicali.
Il meglio riguardo a questo video, però, sarebbe arrivato nel corso degli anni successivi.
I canali youtube di reazione
Negli ultimi anni, infatti, su youtube si sono diffusi una serie di canali video in cui persone di vario tipo (da addetti ai lavori, a qualsiasi livello, nel mondo della musica, a semplici appassionati) ascoltavano canzoni che non avevano mai sentito prima e raccontavano in diretta le loro reazioni a ciò che stavano ascoltando e, soprattutto i primi tempi, la musica metal era molto gettonata. In particolare, nel corso del tempo, ci sono state canzoni che si sono diffuse tra moltissimi canali di reazione, la prima delle quali è stata “Ghost Love Score” dei Nightwish nella versione live del 2013 al festival di Wacken con alla voce Floor Jansen.
Una delle cose che ha sempre caratterizzato i canali di “reazione alla musica” è il folto dialogo tra chi reagisce alla musica e chi guarda i video di reazione che di norma avviene tramite i commenti ai vari video dove, spesso e volentieri, gli spettatori del video (che di norma erano appassionati del genere della canzone a cui gli youtuber reagivano) davano notizie sulla storia della canzone e/o del gruppo, o anche suggerimenti su quali altre canzoni o gruppi provare a reagire da lì in avanti e, uno dei commenti più frequenti nei canali youtube che pubblicavano la reazione a “Ghost Love Score” era: “provate a reagire agli Ayreon”. Per di più la canzone indicata era proprio quella di cui stavo parlando prima, che si intitolava “The Day That the World Breaks Down“.
Reacting to Ayreon
Essendo io un appassionato di musica e un fan degli Ayreon fin dai tempi del loro esordio, mi sono divertito molto a guardare una gran quantità di video di reazione a “The Day That the World Breaks Down” (che è a sua volta diventata un “classico da reazione”) e ho visto che la stragrande maggioranza delle reazioni erano sia entusiaste che stupefatte, con lo stupore che appariva in molti momenti della canzone tra cui quando si rendevano conto che
- la canzone aveva i commenti fatti dall’autore stesso
- la canzone aveva la bellezza di 11 cantanti diversi
- riconoscevano qualcuno tra i cantanti coinvolti che apparivano
- qualcuno appariva in mezzo alle parti di altri cantanti cantando la parola “Strablaze” (solo dopo scoprivano che questo qualcuno era Mike Mills)
- la parte solista cantata da Mike Mills era un messaggio in codice binario che, tradotto, significava trustTH1, dove TH-1 era il nome del personaggio che avrebbe dovuto interpretare nella canzone e nel disco
- Mike Mills nell’eseguire la parte solista mostrava un’estensione vocale pazzesca, sia verso le note alte che verso le note basse
- Mike Mills aveva composto da sé le melodie per la sua parte (cosa che apprendevano leggendo le note di Arjen che scorrevano nella parte bassa del video) e che l’unica istruzione data da Arjen a Mike era stata: “questo è il tuo testo: 01110100 01110010 01110101 01110011 01110100 01010100 01001000 00110001. Vedi tu che puoi fare!”
- una delle tante transizioni della canzone era una parte blues
- l’ultima parte cantata della canzone era stata affidata a Floor Jansen
Alla fine dei video, solo una volta ho sentito dare un parere negativo (ma in quel caso i due personaggi che avevano fatto il video, pensavano che i commenti fossero stati fatti da un fan, si sono innervositi ed hanno smesso, di fatto, di ascoltare la canzone criticando, a prescindere, qualsiasi cosa capitasse). Tutte (e sottolineo TUTTE) le altre volte, sia che il video fosse di semplice reazione, o fosse di reazione ed analisi, i giudizi finali sono SEMPRE stati dall’entusiasta in su, con l’effetto che, in rete, il progetto Ayreon stava diventando molto famoso grazie ad una canzone di più di 13 minuti di durata.
Per questo quando, nella sala, sono risuonate le note iniziali di “The Day That the World Breaks Down”, il pubblico è andato in visibilio.
The Day That the World Breaks Down
Anche se, tra i cantanti originali della canzone, erano presenti solo Hansi Kursch, Simone Simons e Mike Mills, i sostituti fanno faville e la canzone viene interpretata in maniera eccezionale con tutto il pubblico sempre più esaltato che, quando appare Mike Mills con il costume da “TH-1” a dire “i know what you’re waiting for”, esplode letteralmente in un’unica ovazione che introduce il messaggio in codice binario.
Messaggio che viene cantato sia dal Mike Mills sul palco, sia dai Mike Mills comparsi sui maxischermi per garantire l’esecuzione del messaggio così come era stato concepito da studio (ovvero con diversi interventi di Mike Mills che si sovrapponevano l’un l’altro a dare una sensazione ancora più meccanica di quanto si potesse pensare) in un momento da brivido assoluto.
Quando la canzone finisce l’ovazione del pubblico suggella un concerto di una bellezza abbacinante che, personalmente, ho trovato anche più bello di “Electric Castle Live and Other Tales” (concerto in cui è stato riproposto integralmente un album che io metto al 3° posto tra gli album più belli di sempre). In più, come ultimo spettacolo concesso dopo il saluto di tutti i protagonisti al pubblico, Damian Wilson si lancia sul pubblico che, tenendolo e passandoselo sulle migliaia di braccia alzate, lo trasportano dal palco al fondo della sala sulle note di Holy Diver, messa su dal Dj subito dopo la fine del concerto.
Conclusioni
Ci sono concerti belli; ci sono concerti stupendi; ci sono concerti che ti entrano nell’anima per non uscirne più; ci sono anche concerti che scrivono la storia. E poi ci sono i concerti degli Ayreon che, dal 2015 in poi, stanno letteralmente definendo un nuovo standard per gli eventi di musica dal vivo.
Non importa essere appassionati di questo tipo di musica, e nemmeno essere appassionati di musica in generale. Quando Tilburg, ormai ogni due anni, si trasforma in Ayreon City è un evento talmente bello che merita di essere visto da tutti, almeno una volta nella vita.
P.S. Un messaggio diretto ad Arjen Anthony Lucassen: “Hai Vinto TU!”
Avevi scritto nei commenti al video di “The Day That the World Breaks Down” che eri molto contento di NON dover suonare quell’ultimo assolo dal vivo, perché eri sicuro che avresti avuto bisogno di moltissimo esercizio mentre tu ODIAVI esercitarti?
Detto Fatto! Hai fatto suonare quella parte di chitarra ad un altro!!!
Grazie Arjen, per la musica che componi e crei, per il lavoro che fai e per i concerti che riesci a portare sul palco.
Un ultimo (gustoso) dettaglio
Quando io e Marco siamo tornati, poco prima di arrivare, ci siamo fermati a cenare in un locale conosciuto da entrambi, in cui non andavamo da tanto, con Marco che “non ne poteva più di mangiare hamburger” (vero che ne abbiamo mangiati parecchi in quei giorni) ma io, quando ho visto “hamburger di cervo neozelandese” nel menù sono stato troppo curioso di provarlo.
E buono che era!
Ringraziamenti.
Per le foto del concerto e l’immagine creata per pubblicizzare l’evento a corredo di questo articolo ringrazio: Paolo Bertani, Robert Zant e Arjen Anthony Lucassen per averle fatte e per avermi dato il permesso di pubblicarle su questo articolo.
Categorie:Musica, Vibrazioni sonore
