Film e TV

ASTRID & RAPHAËLLE

Ovvero, quando le sensazioni ti portano verso una gran bella (ed anche inaspettata) scoperta.

Un giorno dei tanti. Come d’abitudine io e Fabiana, mentre mangiamo, guardiamo anche la televisione e, dato il comune interesse per il genere poliziesco coniugato nelle sue varie forme, siamo spesso sintonizzati su un canale a scelta tra il 20, Giallo, Rai 4 e Top Crime.

Una delle volte in cui stiamo guardando una serie su Giallo, vedo il trailer di una serie che sarebbe stata trasmessa di lì a pochi giorni chiamata “Astrid & Raphaëlle”. Il mio primo pensiero è stato “sarà una sorta di Rizzoli & Isles in stile francese” e, siccome a me Rizzoli & Isles era piaciuto, e mi erano piaciute anche diverse serie francesi andate in onda nel corso del tempo, quindi mi è venuta voglia di guardarla.

Il problema, però, era che sarebbe andata in onda di domenica sera, in contemporanea con l’11° stagione di C.S.I. Scena del Crimine, che è l’unica stagione di C.S.I. a non essere mai uscita in DVD con il doppiaggio in Italiano.

Siccome, da utente affezionato di quei canali televisivi, sapevo che avrebbero comunque programmato delle repliche, ho deciso che domenica avrei guardato C.S.I., ed avrei approfittato della prima replica disponibile per guardare Astrid & Raphaëlle, trasmessa di mercoledì in seconda serata.

Quando arriva mercoledì sera, ed inizio a guardare il telefilm, bastano pochi minuti per rendermi conto che può essere più interessante del previsto e, a fine puntata, devo ammettere che mi ha colpito molto più di quanto avessi immaginato dal trailer.

Gli elementi migliori in assoluto sono stati: l’interpretazione (assolutamente splendida) di Sara Mortensen, nel ritrarre il personaggio di Astrid Nielsen, documentarista autistica, affetta da sindrome di Asperger, soprattutto nelle espressioni, nei movimenti e nel far percepire il suo disagio nel confrontarsi con la gente comune, con un doppiaggio altrettanto fenomenale; il come viene mostrato non solo il modo in cui la gente comune percepisce le persone autistiche, ma anche il modo in cui gli autistici percepiscono la gente comune (trovo bellissimo il termine “neurotipici” utilizzato nell’episodio in un incontro di persone autistiche, per definire le persone non affette da autismo); la dinamica tra il personaggio di Raphaëlle Coste (commissario di polizia dal carattere istrionico e caotico, interpretato da Lola Dewaere) sia col personaggio di Astrid, che con il mondo delle persone autistiche.

Le scene che più mi hanno sono state tre: quella in cui Raphaëlle, cercando di parlare con Astrid per convincerla a collaborare all’indagine, si trova a partecipare ad una riunione di un gruppo “Amici Adulti Autistici”; la scena successiva in cui, usciti dall’incontro, William (ovvero il personaggio che ha condotto l’incontro) si avvicina a Raphaëlle e le svela il modo corretto per interagire con gli autistici; infine una delle scene all’inizio della parte finale dell’episodio.

In quella scena Raphaëlle si trova a casa di William per chiedergli di essere d’aiuto per l’indagine, dal punto di vista informatico. William fa quanto gli è stato richiesto, scoprendo un dettaglio importante per l’indagine, al che Raphaëlle fa una telefonata ad un suo collega, in cui spiega la scoperta e, tra le altre cose, dice “il mio amico” riferendosi con l’espressione usata a William che ripete “il mio amico” prima come un sussurro e poi, dopo che Raphaëlle è uscita da casa sua, appena finita la telefonata a voce più alta mantenendo però uno sguardo trasognato, come se stesse contemplando un ricordo prezioso.

La scena in cui William svela a Raphaëlle il tallone d’Achille degli autistici, e poi la scena della scoperta fatta a casa di William, mi hanno fatto pensare a come, a volte, usiamo le parole con troppa leggerezza, senza più valutare il peso reale del loro significato.

Esistono persone (ed io sono fra queste) che, anche se non sono affette da autismo, hanno il proprio mondo, fatto di passione per argomenti specifici, che approfondiscono tantissimo, perché sono di fatto il fulcro principale sia del mondo che si sono costruiti, sia della propria personalità.

Quando parlate con noi, fateci un favore: toccate gli argomenti inerenti alle nostre passioni, solo se siete appassionati anche voi, o se siete comunque realmente curiosi di entrare in quei mondi. Non usate quel tipo di discorsi come approccio, o come tentativo di manipolazione, già sapendo che non siete interessati all’argomento, o che lo trovate infantile o peggio, perché questo tipo di comportamento è un’enorme mancanza di rispetto, un insulto ed una dimostrazione di disprezzo verso la parte più profonda della nostra anima, che ci ferisce in maniera brutale.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

2 risposte »

  1. Ciao! Devo dire che anche a me è piaciuta questa nuova serie. E a dire il vero, anch’io e mio marito seguiamo questi canali (in modo ossessivo).
    Ho capito che il genere del momento è il poliziesco francese. Penso anche a Profiling.
    Comunque mi piacciono tutti, ma con una predilezione all’inglese Barnaby (vecchia serie).

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    • Davvero? Io la serie di Barnaby non la sopporto. Non so se è per il tono del doppiatore usato dal personaggio principale che me lo rende quasi soporifero, o se per l’ambiente in stile “piccolo paese in cui tutti ne combinano più di Bertoldo in Francia, ma in cui tutti devono mettersi la maschera ipocrita del perbenismo” che mi fa venire voglia di sparare ad alzo zero su tutti i suoi personaggi…

      Però sono curioso: a te cosa piace di quella serie? 🙂

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